Pausa caffè. Aziono la macchina del caffè. Non ho posizionato il bicchiere sotto il beccuccio di erogazione. Non ho inserito la capsula. Contemplo il liquido disperdersi nella vaschetta di scolo ma non reagisco, guardo e attendo che l’erogazione finisca. Rido. Ricompio l’azione, questa volta in modo corretto. Mi gusto finalmente il mio meritato caffè e non ci penso più.
Ore 20.00 Prendo l’auto per rientrare a casa. Percorro sempre la stessa strada, mi dicono che non sia la più breve, ma c’è qualcosa nel cambiare percorso che mi mette inquietudine. Questa sera, però, stranamente, guardo tutti i segnali. I segnali? Chi li guarda più nei percorsi quotidiani. Basta che un giorno l’amministrazione si inventi un nuovo senso unico e sfido chiunque a non infrangerlo almeno i primi tempi. E non perché siamo i soliti italiani incuranti delle leggi, piuttosto è una questioni abitudini, o meglio di automatismi psicologici ed esistenziali che ci distolgono dal compire azioni in piena coscienza.
Ad analizzarlo bene da vicino questo meccanismo è preziosismo, permette l’ottimizzazione e la velocità dei processi cognitivi e di elaborazione dati, proprio come un computer, per permettere ad esso di fare più cose contemporaneamente. Pensate alla prima volta che preparate una pasta: quanta acqua bisogna mettere? il sale va prima o dopo che l’acqua bolla? il fuoco va abbassato dopo aver buttato la pasta? e il coperchio, si o no? Tutta la nostra attenzione è lì. Poi quell’azione diventa talmente automatica che, mentre la compiamo, parliamo a telefono, prepariamo il contorno, svuotiamo la lavastoviglie, diamo retta ad un figlio. Tutto contemporaneamente. Quello che mancherà a questi processi è proprio quello stato di attenzione a quello che facciamo e la compartecipazione emotiva all’azione stessa, la fantasia, il godimento, la creatività, l’invito che un cantautore come Battiato faceva sempre nei suoi testi, quell’andare oltre il preconfezionato, che fosse un’idea, un’immagine, un pensiero, un viaggio, l’essere lì pienamente in profondità e allo stesso tempo in totale apertura, sia emotiva che cognitiva. Pazzesco se pensiamo alla richiesta processuale a cui viene spinta la mente!
Molto anacronistico con il presente, dove le possibilità di pensare, di usare il “pensiero laterale ” di andare oltre, sognare, proporre idee o pensieri fuori dal sistema, ti espone ad attacchi, aggressività, epiteti vari e tanta solitudine. Non che Egli, il Maestro, ne sia stato immune nella sua vita terrena, ma la sua capacità di cantare e mettere in musica ci lascia ancora oggi la possibilità di viaggiare, respirare, usare il pensiero laterale ancora in questo tempo in cui la ricerca di “un centro di gravità permanente” è diventata una grande esigenza planetaria.
La tendenza, però, sembra essere un’altra: noi da quel centro di gravità ci stiamo allontanando! L’ottimizzazione é diventata un’arma di appiattimento e quando questo accade bisognerebbe dichiarare uno stato d’emergenza tanto pericoloso quanto quello che stiamo vivendo. Trovarsi a cucinare con la mascherina e accorgersene solo nel momento in cui si va a mangiare, scendere dal marciapiede quando sullo stesso si avvista qualche altra forma di essere infettante, vivere distanziati e socializzare solo online, non cercare il centro di se stessi perché si rischierebbe di disallinearsi, differenziarsi. Per non parlare dell’abitudine di scagliarsi contro chi la pensa diversamente.
Nel libro “A state of Fear” alcuni Psicologi Comportamentisti hanno ammesso di aver incoraggiato il governo britannico ad innescare, tramite la comunicazione ufficiale, un aumento di livello di percezione della paura per meglio controllare il comportamento delle persone durante la pandemia.
Dopo un anno di pandemia anche la paura è diventata un’abitudine e abituarsi ad avere paura va di pari passo con il disabituarsi a vivere.
Allora le perderemo mai queste cattive abitudini o sono già parte integrata del sistema automatizzato chiamato “uomo”? Saremo in grado mai di compiere i viaggi spazio-temporali del Maestro? Riusciremo mai ad incontrare una “vecchia bretone con un cappello ed un ombrello” e dirle ciao oggi ti racconto di me.
#lemaleducate